lunedì 28 febbraio 2011

Foibe, storia "sconosciuta"


«Mi fecero marciare sulle sterpaglie a piedi nudi, legato col fil di ferro ad un amico che dopo pochi passi svenne e così io, camminando, me lo trascinavo dietro. Poi una voce in slavo gridò: “Alt!”. Abbassai lo sguardo e la vidi: una fessura profonda nel terreno, come un enorme inghiottitoio. Ero sull’orlo di una foiba. Allora fu chiaro: era arrivato il momento di morire».
È la storia di un sopravvissuto. È la storia che ogni sopravvissuto potrebbe raccontare. È la storia degli orrendi atti di violenza contro il genere umano, perpetuati tra le fila della sinistra proprio come della destra.

Ad essere carnefici questa volta sono i partigiani di Tito: uomini che hanno provato gioia e profondo piacere nell’umiliare, torturare e uccidere uomini.

«Si divertono a farmi mangiare pezzi di carta e ingoiare sassi. Poi mi sparano qualche colpo all’orecchio. Io sobbalzo impaurito, loro sghignazzano».

E così inizia la marcia verso la foiba: «Il destino era segnato e avevo solo un modo per sfuggirli: gettarmi nella voragine prima di essere colpito da un proiettile. Ero precipitato sopra un alberello sporgente. Non vedevo nulla, i cadaveri mi cascavano addosso. Riuscii a liberare le mani dal filo di ferro e cominciai a risalire. Non respiravo più. All’improvviso le mie dita afferrano una zolla d’erba. Guardo meglio: sono capelli! Li afferro e così riesco a trascinare in superficie anche un altro uomo. L’unico italiano ad essere sopravvissuto alle foibe. Si chiamava Giovanni, “Ninni” per gli amici».

Prima i campi di concentramento fascisti dove un intero popolo viene massacrato, umiliato, torturato e infine ucciso.

Poi i partigiani slavi che, a guerra conclusa, gridano “vendetta!”. Anche loro torturano, massacrano, affamano e solo dopo gettano negli strapiombi circa un migliaio di persone: i “nemici del popolo”.

Un atto di violenza crescente che vede come vittime predestinate di un “piano perfetto” – quello del Maresciallo Tito – cattolici, fascisti, liberaldemocratici, socialisti, donne, anziani e bambini.

Un altro bagno di sangue, spesso dimenticato, non celebrato, taciuto o ancora peggio “umiliato”. Come è accaduto a Torino, dove la lapide intitolata alle vittime delle Foibe è stata distrutta. O come la Fioba di Basovizza – monumento nazionale sito sul Carso triestino – imbrattata da ignoti con una scritta nera che dice “Nessun ricordo per i fascisti di ieri, nessuno spazio per quelli di oggi”.

Una «serie di atti vandalici contro monumenti e targhe che ricordano la tragedia delle foibe» che lascia intravedere quanto ben poco si faccia per «ricordare la tragedia» sia nelle scuole che nella vita di tutti i giorni.

«Dalla censura della scuola alla violenza sulle lapidi traiamo motivi di grande amarezza». Sono queste le dure parole di rammarico e rimprovero del presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri.

Un rimprovero che arriva anche dal Colle, dove il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha affermato che cosa «essenziale è – secondo le parole dello stesso presidente croato Turk – non far nascere ancora “conflitti dai ricordi”. In ciascun Paese – ha proseguito il nostro Presidente della Repubblica – si ha il dovere di coltivare le proprie memorie, di non cancellare le tracce delle sofferenze subite dal proprio popolo. Il sacrificio delle generazioni che ci precedono non è stato versato invano se oggi possiamo insieme costruire un avvenire migliore per i nostri popoli e per l’Europa».

http://www.ghigliottina.it/new/fobie-storia-sconosciuta/

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