“Mi piacciono le Winx!”
Un’esclamazione molto comune che si sente ripetere più volte dalle piccole intervistate. E come biasimarle. Sono belle, sono alte e sono magre. E in più hanno dei meravigliosi poteri magici. E infatti sempre dalle piccole labbra innocenti della nuova generazione femminile sentiamo uscire affermazioni come: “Vorrei essere come Bloom, anzi no come Stella” e ancora “Vorrei avere i loro poteri magici”, “Mi piacerebbe volare come loro”.
Catapultate completamente, anima e corpo nel mondo di Gardenia, le bambine di oggi non sognano più, come la generazione vissuta a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, dicevamo, non sognano più il principe azzurro, ma sognano di poter volare.
E se ciò non bastasse, allora puntano il loro sguardo “innocente” sulle minigonne e i top “alla moda” delle giovani fate. Perché sebbene privi di contenuti e principi o ancora di ideali come quelli che hanno fatto la storia dei “vecchi” cartoni, la “nuova” generazione punta l’obiettivo, per affermarsi e fidelizzare il piccolo pubblico, sull’aspetto.
Ovviamente non ci siamo dimenticati della generazione maschile. Anziché volare, che “è una cosa da femmine” (come dicono loro), sognano di poter trovare un Pokèmon come il giovanissimo Ash Ketchum della città di Pallet. Potremmo definirlo il “cane” moderno!
Ma, dove sono finite le “vecchie” generazioni di cartoni animati? A questa domanda potremmo rispondere dicendo che vivono ancora nei cuori di quella vecchia generazione che oggi compie all’incirca i suoi 24-26 anni d’età e che facendo zapping in televisione non la riconosce più.
Gli anni ’80, i nostri anni, sono anche gli anni di Pollon, Memole, Lady Oscar. Tutti cartoni che possiamo raggruppare per trame. Ad esempio:
Cartoni le cui avventure ruotano attorno ad una passione del protagonista, un sogno che si vuole realizzare e che spesso coinvolge il mondo dello sport. In questo gruppo vanno inseriti Holly e Benji, Mila e Shiro, … per accontentare ambo i sessi.
Ma abbiamo anche Cartoni animati che hanno ripreso e sviluppato il tema della magia e il possibile incontro dei protagonisti con mondi surreali e fantastici. Qui vanno inseriti Memole dolce Memole, Creamy, …
Un altro gruppo presenta al mondo dei più piccini, o almeno presentava, degli esempi di comunità o piccole società, come i Puffi.
E poi ancora non vanno dimenticati i cartoni animati a sfondo storico come il classico e leggendario Lady Oscar o Pollon.
Infine, per non deludere le più romantiche, dobbiamo ricordare Kiss me Licia o Piccoli problemi di cuore, che trattano il tema dell’innamoramento.
Ogni storia aveva un forte rimando a temi sociali, quali disabilità (Memole), la sessualità (Georgie), e l’importanza della famiglia (Candy, Hello Spank, l’Uomo Tigre). Non sono rari, nemmeno, cartoni in cui il protagonista è un bambino orfano alla ricerca della propria madre o del proprio padre. Il messaggio che indirettamente si trasmette al mondo dell’infanzia non fa altro che rinviare al ruolo cruciale che la famiglia ha nella vita di ogni bambino. Non è nemmeno un caso, infine, che i più piccini abbiano accanto un cane (Belle e Sebastiene) e questo per avvicinare ancora di più i più piccoli al mondo degli animali: un modo per combattere la solitudine e per instaurare un vero rapporto di amicizia.
Cartoni che hanno fatto la storia, che ci hanno fatto innamorare, che ci hanno incoraggiato a seguire i nostri sogni, a non demordere davanti le difficoltà (per quanto piccole potessero essere), che ci hanno tenuto compagnia, che ci hanno fatto crescere e che ancora oggi, quando ne parliamo, riempiono il nostro cuore di un calore quasi familiare.
“Era come se fossi io la protagonista di Kiss me Licia”, “Con le mie amiche facevamo finta di essere come Mila, improvvisavamo una rete di pallavolo al centro del garage e iniziavamo ad urlare “Attak!”
E se pensate che siano solo le ragazzine ad immedesimarsi in un cartone animato, resterete stupiti nel sentire un ragazzo, oggi di 25 anni, dire: “Quando ero piccolo mi sono iscritto a calcetto perché volevo diventare bravo come Holly” e poi “Io e i miei compagni di classe quando terminavamo i compiti, uscivamo fuori per la strada e iniziavamo a giocare a calcio. Le porte erano i garage chiusi o delle cassette di legno al centro della strada”.
E oggi? Cosa è successo oggi?
Nel 1997 e subito a seguire, nel 1999 sono nati rispettivamente i Pokemon e i Digimon. I primi sono delle creature immaginarie che possono essere allevate dagli esseri umani. E chi li allena può diventare maestro di Pokemon, ovvero raggiungere il maggior grado di abilità come allenatore.
Nei Digimon, sette bambini prescelti sono scaraventati nel mondo di Digiworld per combattere i virus che stanno invadendo e distruggendo il pianeta. Ciò che li accomuna è il forte legame c on il mondo dei giochi elettronici. Mentre, infatti, i Pokemon trovano la loro ispirazione dall’omonimo gioco lanciato dalla Nintendo nel 1995, i Digimon si rifanno ai Tamagotchi, giochi elettronici portatili a forma di uovo creato nel 1996.
Ciò che è stato detto sulle new entry del piccolo schermo può bastare per far capire che il legame con le problematiche caratteristiche della vita di ogni giorno è sparito, lasciando spazio alla fantasia più sfrenata.
Ma non è finita qui. Viene partorita, negli stessi anni, la serie delle Witch (tratta dal fumetto pubblicato dalla Disney Italia). Sono cinque ragazze apparentemente come le altre, dotate di super poteri straordinari.
E come se non bastasse, ecco che vengono al mondo anche le Winx, l’idolo di tutte le bambine.
Queste nuove serie di cartoni animati lasciano fuori ogni tematiche esistenziale e favoriscono le storie che interessano i mondi fantastici.
Come dicevamo prima, private dei contenuti basilari, che potrebbero far crescere socialmente e culturalmente la piccola generazione, proprio come avevano fatto fino a quel momento i classici Disney e i “vecchi” cartoni, la “nuova” generazione di cartoni animati deve puntare ad altro. Come per magia, deve trasformarsi, deve introdurre una novità.
La trasformazione nasce da un progetto di collaborazione tra la Disney e lo Ied Moda Lab dell’Istituto Europeo di Design di Milano: minigonne, top all’ombelico, tessuti high-tech e suggestioni etniche. Questo è il look delle Witch, che non ha nulla da invidiare a quello delle loro colleghe Winx.
Il fenomeno è stato etichettato come “Tweening”, adolescenza retrodatata, che indica la tendenza da parte delle bambine di sette/otto anni a usufruire di prodotti destinati alle tredici e quattordicenni.
Già in seconda elementare le bambine usano cosmetici, gonne che di poco sfiorano l’indecenza, magliette microscopiche e trasformano i corridoi delle scuole in vere e proprie passerelle per testare chi tra loro è la più bella, la più magra, la più alla moda.
I bambini sono attenti oggi a quello che gli eroi e le eroine dei cartoni indossano e a come si muovono: confrontandosi forse con trame che poco hanno a che fare con la loro piccola vita, preferiscono concentrarsi sullo stile del proprio personaggio preferito.
L’interesse sembra essersi spostato da ciò che il personaggio fa e sente a ciò che il personaggio indossa e rappresenta.
E come se non bastasse imitare le proprie beniamine in abiti e trucchi, ci si cimenta in prove di volo che finiscono male a meno che un adulto non intervenga, a prove di magia che lasciano delusi e dulcis in fundo ci si confonde. Le bambine di seconda elementare, proprio come i loro coetanei di sesso maschile, non riescono più a distinguere il netto confine che separa finzione da realtà. Sognano di trovare un Pokemon credendo che questi esista veramente, continuano ad esercitarsi nel volo e nella magia sperando una mattina di svegliarsi e avere le ali o di rilasciare dalla punta delle dita una sorta di polverina magica che le renda speciali.
“Noi almeno sognavamo solo di stare in aria il più a lungo possibile per fare una schiacciata mitica come quella di Mila. Ma ovvio che sapevamo che era finto. Mia sorella quando dice «vorrei proprio avere le ali come Bloom» usa la stessa mimica facciale di quando dice «speriamo che la maestra non mi interroghi» e ciò è preoccupante. A volte sembra che non distingua più il possibile dall’impossibile”.
Alcuni personaggi del passato, però, sono tuttora presenti nell’immaginario dell’infanzia di ieri e oggi. Basta pensare a Topolino e alle sue frequenti apparizioni ne “La Casa di Topolino”. Altri eroi, invece, sono stati dimenticati e altri ancora mai conosciuti dai bambini nati negli anni Novanta.
Quasi tutti bambini della nuova generazione, alla domanda, “Ti piace Hello Spank?”, risponderanno “Che cosa?”
Ma, in un recente sondaggio realizzato da Eurispes e Telefono Azzurro, del 2007 si scopre che l’infanzia di oggi non ha dimenticato eroi ed eroine del passato. In questo senso colpisce l’alta percentuale di bambine, il 25%, che vorrebbe essere Cenerentola, mentre il 22,2% dei bambini sogna di diventare Spiderman. Sono percentuali significative in un mondo dove i veri valori perdono di consistenza per lasciare spazio ad ambizioni e illusioni. Sembra un forte segnale lanciato dal mondo dell’infanzia e forse sarebbe il caso di prendere la palla al balzo per far sì che la “vecchia” generazione possa tornare a fiorire.
Un’esclamazione molto comune che si sente ripetere più volte dalle piccole intervistate. E come biasimarle. Sono belle, sono alte e sono magre. E in più hanno dei meravigliosi poteri magici. E infatti sempre dalle piccole labbra innocenti della nuova generazione femminile sentiamo uscire affermazioni come: “Vorrei essere come Bloom, anzi no come Stella” e ancora “Vorrei avere i loro poteri magici”, “Mi piacerebbe volare come loro”.
Catapultate completamente, anima e corpo nel mondo di Gardenia, le bambine di oggi non sognano più, come la generazione vissuta a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, dicevamo, non sognano più il principe azzurro, ma sognano di poter volare.
E se ciò non bastasse, allora puntano il loro sguardo “innocente” sulle minigonne e i top “alla moda” delle giovani fate. Perché sebbene privi di contenuti e principi o ancora di ideali come quelli che hanno fatto la storia dei “vecchi” cartoni, la “nuova” generazione punta l’obiettivo, per affermarsi e fidelizzare il piccolo pubblico, sull’aspetto.
Ovviamente non ci siamo dimenticati della generazione maschile. Anziché volare, che “è una cosa da femmine” (come dicono loro), sognano di poter trovare un Pokèmon come il giovanissimo Ash Ketchum della città di Pallet. Potremmo definirlo il “cane” moderno!
Ma, dove sono finite le “vecchie” generazioni di cartoni animati? A questa domanda potremmo rispondere dicendo che vivono ancora nei cuori di quella vecchia generazione che oggi compie all’incirca i suoi 24-26 anni d’età e che facendo zapping in televisione non la riconosce più.
Gli anni ’80, i nostri anni, sono anche gli anni di Pollon, Memole, Lady Oscar. Tutti cartoni che possiamo raggruppare per trame. Ad esempio:
Cartoni le cui avventure ruotano attorno ad una passione del protagonista, un sogno che si vuole realizzare e che spesso coinvolge il mondo dello sport. In questo gruppo vanno inseriti Holly e Benji, Mila e Shiro, … per accontentare ambo i sessi.
Ma abbiamo anche Cartoni animati che hanno ripreso e sviluppato il tema della magia e il possibile incontro dei protagonisti con mondi surreali e fantastici. Qui vanno inseriti Memole dolce Memole, Creamy, …
Un altro gruppo presenta al mondo dei più piccini, o almeno presentava, degli esempi di comunità o piccole società, come i Puffi.
E poi ancora non vanno dimenticati i cartoni animati a sfondo storico come il classico e leggendario Lady Oscar o Pollon.
Infine, per non deludere le più romantiche, dobbiamo ricordare Kiss me Licia o Piccoli problemi di cuore, che trattano il tema dell’innamoramento.
Ogni storia aveva un forte rimando a temi sociali, quali disabilità (Memole), la sessualità (Georgie), e l’importanza della famiglia (Candy, Hello Spank, l’Uomo Tigre). Non sono rari, nemmeno, cartoni in cui il protagonista è un bambino orfano alla ricerca della propria madre o del proprio padre. Il messaggio che indirettamente si trasmette al mondo dell’infanzia non fa altro che rinviare al ruolo cruciale che la famiglia ha nella vita di ogni bambino. Non è nemmeno un caso, infine, che i più piccini abbiano accanto un cane (Belle e Sebastiene) e questo per avvicinare ancora di più i più piccoli al mondo degli animali: un modo per combattere la solitudine e per instaurare un vero rapporto di amicizia.
Cartoni che hanno fatto la storia, che ci hanno fatto innamorare, che ci hanno incoraggiato a seguire i nostri sogni, a non demordere davanti le difficoltà (per quanto piccole potessero essere), che ci hanno tenuto compagnia, che ci hanno fatto crescere e che ancora oggi, quando ne parliamo, riempiono il nostro cuore di un calore quasi familiare.
“Era come se fossi io la protagonista di Kiss me Licia”, “Con le mie amiche facevamo finta di essere come Mila, improvvisavamo una rete di pallavolo al centro del garage e iniziavamo ad urlare “Attak!”
E se pensate che siano solo le ragazzine ad immedesimarsi in un cartone animato, resterete stupiti nel sentire un ragazzo, oggi di 25 anni, dire: “Quando ero piccolo mi sono iscritto a calcetto perché volevo diventare bravo come Holly” e poi “Io e i miei compagni di classe quando terminavamo i compiti, uscivamo fuori per la strada e iniziavamo a giocare a calcio. Le porte erano i garage chiusi o delle cassette di legno al centro della strada”.
E oggi? Cosa è successo oggi?
Nel 1997 e subito a seguire, nel 1999 sono nati rispettivamente i Pokemon e i Digimon. I primi sono delle creature immaginarie che possono essere allevate dagli esseri umani. E chi li allena può diventare maestro di Pokemon, ovvero raggiungere il maggior grado di abilità come allenatore.
Nei Digimon, sette bambini prescelti sono scaraventati nel mondo di Digiworld per combattere i virus che stanno invadendo e distruggendo il pianeta. Ciò che li accomuna è il forte legame c on il mondo dei giochi elettronici. Mentre, infatti, i Pokemon trovano la loro ispirazione dall’omonimo gioco lanciato dalla Nintendo nel 1995, i Digimon si rifanno ai Tamagotchi, giochi elettronici portatili a forma di uovo creato nel 1996.
Ciò che è stato detto sulle new entry del piccolo schermo può bastare per far capire che il legame con le problematiche caratteristiche della vita di ogni giorno è sparito, lasciando spazio alla fantasia più sfrenata.
Ma non è finita qui. Viene partorita, negli stessi anni, la serie delle Witch (tratta dal fumetto pubblicato dalla Disney Italia). Sono cinque ragazze apparentemente come le altre, dotate di super poteri straordinari.
E come se non bastasse, ecco che vengono al mondo anche le Winx, l’idolo di tutte le bambine.
Queste nuove serie di cartoni animati lasciano fuori ogni tematiche esistenziale e favoriscono le storie che interessano i mondi fantastici.
Come dicevamo prima, private dei contenuti basilari, che potrebbero far crescere socialmente e culturalmente la piccola generazione, proprio come avevano fatto fino a quel momento i classici Disney e i “vecchi” cartoni, la “nuova” generazione di cartoni animati deve puntare ad altro. Come per magia, deve trasformarsi, deve introdurre una novità.
La trasformazione nasce da un progetto di collaborazione tra la Disney e lo Ied Moda Lab dell’Istituto Europeo di Design di Milano: minigonne, top all’ombelico, tessuti high-tech e suggestioni etniche. Questo è il look delle Witch, che non ha nulla da invidiare a quello delle loro colleghe Winx.
Il fenomeno è stato etichettato come “Tweening”, adolescenza retrodatata, che indica la tendenza da parte delle bambine di sette/otto anni a usufruire di prodotti destinati alle tredici e quattordicenni.
Già in seconda elementare le bambine usano cosmetici, gonne che di poco sfiorano l’indecenza, magliette microscopiche e trasformano i corridoi delle scuole in vere e proprie passerelle per testare chi tra loro è la più bella, la più magra, la più alla moda.
I bambini sono attenti oggi a quello che gli eroi e le eroine dei cartoni indossano e a come si muovono: confrontandosi forse con trame che poco hanno a che fare con la loro piccola vita, preferiscono concentrarsi sullo stile del proprio personaggio preferito.
L’interesse sembra essersi spostato da ciò che il personaggio fa e sente a ciò che il personaggio indossa e rappresenta.
E come se non bastasse imitare le proprie beniamine in abiti e trucchi, ci si cimenta in prove di volo che finiscono male a meno che un adulto non intervenga, a prove di magia che lasciano delusi e dulcis in fundo ci si confonde. Le bambine di seconda elementare, proprio come i loro coetanei di sesso maschile, non riescono più a distinguere il netto confine che separa finzione da realtà. Sognano di trovare un Pokemon credendo che questi esista veramente, continuano ad esercitarsi nel volo e nella magia sperando una mattina di svegliarsi e avere le ali o di rilasciare dalla punta delle dita una sorta di polverina magica che le renda speciali.
“Noi almeno sognavamo solo di stare in aria il più a lungo possibile per fare una schiacciata mitica come quella di Mila. Ma ovvio che sapevamo che era finto. Mia sorella quando dice «vorrei proprio avere le ali come Bloom» usa la stessa mimica facciale di quando dice «speriamo che la maestra non mi interroghi» e ciò è preoccupante. A volte sembra che non distingua più il possibile dall’impossibile”.
Alcuni personaggi del passato, però, sono tuttora presenti nell’immaginario dell’infanzia di ieri e oggi. Basta pensare a Topolino e alle sue frequenti apparizioni ne “La Casa di Topolino”. Altri eroi, invece, sono stati dimenticati e altri ancora mai conosciuti dai bambini nati negli anni Novanta.
Quasi tutti bambini della nuova generazione, alla domanda, “Ti piace Hello Spank?”, risponderanno “Che cosa?”
Ma, in un recente sondaggio realizzato da Eurispes e Telefono Azzurro, del 2007 si scopre che l’infanzia di oggi non ha dimenticato eroi ed eroine del passato. In questo senso colpisce l’alta percentuale di bambine, il 25%, che vorrebbe essere Cenerentola, mentre il 22,2% dei bambini sogna di diventare Spiderman. Sono percentuali significative in un mondo dove i veri valori perdono di consistenza per lasciare spazio ad ambizioni e illusioni. Sembra un forte segnale lanciato dal mondo dell’infanzia e forse sarebbe il caso di prendere la palla al balzo per far sì che la “vecchia” generazione possa tornare a fiorire.
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