martedì 19 maggio 2009

Bioetica, Fini: il Parlamento non deve farsi guidare dalla Fede

La religione resti fuori dal Parlamento. Gianfranco Fini conclude la sua parabola laicista e dice chiaro e tondo che le leggi si devono fare senza il condizionamento dei "precetti di tipo religioso. Una presa di posizione netta che chiude il cerchio dei suoi innumerevoli strappi di questo ultimo anno sui temi eticamente sensibili (dal testamento biologico alla fecondazione assistita alle coppie di fatto); e che mette in allarme la Chiesa, e, trasversalmente, la 'rappresentanza' cattolica che siede sugli scranni parlamentari.

Scoppia così un nuovo caso politico con uno scontro a distanza tra il presidente della Camera e le alte sfere ecclestiastiche, spalleggiate dall'Udc ma anche dalla componente cattolica del Pdl. Occasione per l'"outing" di Gianfranco Fini, un incontro con gli studenti di Monopoli sulla Costituzione, durante il quale si è affrontato il tema della bioetica. Il presidente della Camera ha risposto di buon grado puntualizzando che il Parlamento "deve fare le leggi non orientate da precetti di tipo religioso. Il dibattito sulla bioetica è complesso - ha rimarcato - e mi auguro che venga affrontato senza gli eccessi propagandistici che ci sono stati da entrambe le parti perché queste sono questioni nelle quali il dubbio prevale sulle certezze". Affermazioni che Monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita, ha voluto subito esorcizzare: "La Chiesa cattolica non ha mai pensato di imporre al Parlamento italiano 'precetti religiosi'", ma "non tacerà sui temi di bioetica, che riguardano i diritti umani, i dettami costituzionali, la stessa razionalità umana e il bene comune". E poi, non si tratta di "precetti religiosi - ha protestato il vescovo - ma di "argomenti basati sulla ragione e sul diritto", e il fatto che "vengano portati avanti dal clero o da organismi cattolici non deve consentire a nessuno di considerarli come prodotto di una razionalità minore". Ecco perché - è stata la conclusione battagliera di mons. Sgreccia - "tanto più forte faremo sentire la nostra voce".


Da subito ha alzato i suoi decibel l'Udc che, con Luca Volonté, ha gridato contro "l'indegno attacco laicista" di Fini; un affondo che - ha accusato - "discrimina i credenti" come "nei totalitarismi neri del '900'' e che aggredisce "la libertà e la dignità della chiesa". Toni durissimi stemperati poi da Pier Ferdinando Casini, che ha definito "ovvie" le parole del presidente della Camera, ma ha anche plaudito a quanti in Parlamento si fanno paladini nelle battaglie sui "valori e sui principi che - ha osservato - ormai non hanno diritto di cittadinanza in politica". Sorpresa e irritazione nel Pdl. Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, ha detto che Fini "sbaglia e si pone su un piano di scontro ideologico molto lontano dalla laicità positiva da lui stesso evocata".


"Ognuno - ha tuonato - ha il diritto e il dovere di difendere ciò in cui crede. Sempre". E Gaetano Quagliariello, vicepresidente del Pdl al Senato, ha bacchettato il presidente della Camera perché le sue affermazioni possono ingenerare "equivoci" evocando l'immagine di uno stato "teocratico" lontano dalla realtà. Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare con delega alle questioni di bioetica, ha detto che non vede leggi ispirate a precetti religiosi, e ha citato ad esempio la legge 40 che "é molto equilibrata.

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