
Nessun posto sembra ormai sicuro nella terra che tutti vogliono, ma che nessuno rispetta. Anche il "palazzo della Stampa" è stato bombardato. Un edificio di 16 piani, usato da agenzie internazionali, dove sono stati feriti due giornalisti.
Palazzo dove erano stati accatastati gli aiuti per un popolo in ginocchio e quella parte della popolazione rimasta senza un tetto sulla testa, destinati ancora a correre al riparo e a trovare un altro rifugio "sicuro".

Il segretario dell'Onu Ban Ki Moon ha definito "oltraggioso" l'attacco, ma i soldati israeliani si difendono sostenendo di essere stati attaccati da Hamas, che avrebbe sparato dall'edificio.
"Delle giustificazioni senza senso", rincara Ban Ki Moon, che chiede l'apertura di un'inchiesta per accertare le dinamiche dei fatti.
E se il ministro della difesa Ehud Barak ammette il "grave errore", il premier difende i militari: "E' assolutamente vero. Siamo stati attaccati dal palazzo, ma le conseguenze sono molto tristi ... me ne scuso personalmente".
Come se queste scuse potessero cicatrizzare i danni fisici e morali subiti!

Oggi il numero delle vittime sale a 1040 e intanto sia a Washington che in Egitto si cerca di stilare un accordo per far terminare l'operazione "piombo fuso" che va avanti da 21 giorni.
Israele chiede che Hamas cessi i suoi lanci di missili contro Israele ed esige anche la fine dei passaggi di armi attraverso i tunnel sotto la frontiera egiziana.
Dal suo lato, Hamas ha proposto un cessate-il-fuoco di un anno in cambio del ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza e delle sospensioni del blocco imposto all'enclave.
Il numero due di Hamas, Moussa Abou Marzouk, riferisce che la proposta è stata fatta da una delegazione del movimento alle autorità egiziane durante un incontro al Cairo e ora Hamas attende una risposta dal versante israeliano, che dal canto suo ha espresso delle riserve.
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