Che le donne siano degli esseri umani proprio come gli uomini forse non è una cosa nota a tutti. Che il diritto alla vita, al rispetto siano dei diritti di tutti, donne e bambini compresi, forse è un concetto troppo complicato da capire per altri.
E così da questa incomprensione - ed è strano dato che la lingua italiana è patrimonio culturale della nostra società - questa incomprensione, si diceva, ha fatto sì che il social network più importante di questi tempi, facebook, abbia partorito un figlio illegittimo: un gruppo a favore dello stupro di gruppo.
Ha un solo fan, che tra le tante ne sarebbe anche il fondatore, ma ha già attirato su di sè l'ira di molti, compresa quella di Walter Veltroni, il secondo ad essersi accorto di quanto stava accandendo in rete, dopo la segnalazione di un lettore: «È una vergogna, quel gruppo su Facebook va chiuso», ha detto il segretario del Pd.
Intanto coloro i quali utilizzano il social network per attività di ogni genere, ma pur sempre entro i confini della dignitià, della moralità e del buon senso, hanno iniziato ad attaccare il gruppo con insulti anche molto pesanti: «Sei uno schifo di persona» scrivono.
«E' inaccettabile che su Facebook vi sia una community che si dice fan dello stupro ed è dovere degli amministratori del social network cancellarlo immediatamente». Questa è la dichiarazione di Silvana Mura, deputata di Idv.
«Il fenomeno della violenza sulle donne - aggiunge - è originato in gran parte da stereotipi culturali molto radicati nel tempo. E' necessario dunque impedire ogni forma di pubblicità che possa continuare a rafforzare questi stereotipi. Spetta a chi gestisce il social network vigilare sui contenuti che in esso vengono pubblicati, altrimenti deve essere la polizia postale ad intervenire di ufficio per oscurare qualsiasi contenuto che configuri apologia di reato o istigazione a delinquere».«È intollerabile che Facebook ospiti gruppi che inneggiano alla criminalità e agli stupri», ribadisce il senatore del Pd Vincenzo Vita. «Senza nulla togliere alla libertà della rete - continua Vita - va detto che Facebook è una comunità specifica che non può non avere sue forme di regolazione. Non è pensabile, quindi, che si possa sorvolare su una vicenda tanto grave».
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