Questa è la motivazione ufficiale della nascita dell’italiano 2.0, un italiano che ogni giorno, in ogni messaggio vede amputare gran parte delle vocali, insieme agli accenti, ai punti e alle virgole che formano il tradizionale testo scritto. È un italiano che tende a racchiudere in 2 o massimo 4 lettere ciascuna parola, mescolandovi anche qualche parola in inglese: sempre se questa sia più breve di quella italiana. Allora scriveremo “xkè nn t trovi 1 girl?” per dire “perché non ti trovi una ragazza?” e così via.
Oggi la vita è frenetica, molto veloce e stressante. Tutti vanno di fretta, anche nella comunicazione. E l’Italia è il paese con il maggior numero di telefonini. Gli Sms, come detto precedentemente, sono sicuramente il modo di comunicare più veloce ed economico.
I messaggi via cellulare stanno creando un loro codice linguistico, che giorno dopo giorno risulta essere sempre più condiviso dai vari utenti, giovani e non. Questo linguaggio si è formato da solo. Nasce dalla necessità di velocizzare la comunicazione. Ma è veramente frutto della tecnologia? I primi inventori di questo nuovo codice linguistico sono davvero i giovani moderni o lo ha inventato qualcuno prima di loro?
In un brano di Anna Karenina, Tolstoj fa incontrare davanti ad un tavolo verde la principessa Kitty e il suo corteggiatore Konsantin che non vuole correre il rischio di essere rifiutato una seconda volta. Questi vede Kitty scarabocchiare sul tavolo con un gessetto, allora prende anche lui il gessetto e scrive “q, m, a, r, q, n, p, e, s, m, o, i, q, m?” (Quando mi avete risposto: « questo non può essere» significava mai o in quel momento?) e lei risponde “a, n, p, r, i, a, m” che lui decifra «Allora non potevo rispondere in altro modo». Da qui nasce una conversazione stringata ad opera del gessetto con frasi sempre più complicate che mette a dura prova la loro decodifica. Tutto possibile grazie alla forza dell’amore che domina la conversazione. Sono due giovani dell’Ottocento a cui manca solo il telefonino per parlare d’amore via Sms.
In base a questo racconto potremmo asserire che il primo inventore degli sms senza telefonino sia stato Tolstoj.
Dai manoscritti medievali alle lettere private di ieri e di oggi e ancora ai geroglifici sui muri degli uomini primitivi, alle testimonianze egizie lasciate sui papiri, l’esigenza di risparmiare tempo e spazio ha spesso portato ad adottare scritture tachigrafiche (molto rapide) o brachilogiche (brevi e concise).
Il linguaggio della comunicazione via Internet può essere paragonato ad un nuovo dialetto, fatto di gergalità da tutti comprensibile. Si ha la presunzione di voler riprodurre il tono della voce, di restituire naturalezza alla lingua parlata, che è sporca e vivace. La lingua sporca si configura come icona, a metà strada tra l’espressione e l’informazione.
Via internet e via Sms viaggia una lingua contaminata, una specie di ibrido tra forma letteraria e trascrizione del parlato che potremmo azzardare di chiamare un nuovo codice espressivo.
E proprio perché ci troviamo davanti a qualcosa di inusuale, fuori dal comune e dalle regole, ci troviamo anche davanti a pareri favorevoli e contrari di questa nuova “lingua”.
La parte contraria a questo fenomeno afferma che il nuovo modo di scrivere sta logorando l’italiano puro, danneggiando il modo di scrivere e deturpando il nostro patrimonio linguistico perché oggigiorno i ragazzi che si trovano a dover scrivere in modo corretto non ne sono capaci perché ormai saturi del nuovo “codice” che i mezzi di comunicazione ha messo loro a disposizione.
Questa parte della comunità linguistica afferma e sostiene l’idea che questo nuovo codice linguistico vada abbandonato ed eliminato prima che sia troppo tardi.
La parte, invece, che si trova a favore del nuovo linguaggio utilizzato negli Short Messanger, afferma che “gli errori, o meglio le caratteristiche della lingua che si riscontrano negli sms, è difficile trovarli nei testi che si scrivono all’università, perché i ragazzi hanno la coscienza di elaborare un testo diverso. La maggiore difficoltà che invece hanno i ragazzi riguardano il muoversi fra diversi tipi di lingua: sono bravissimi a scrivere sms ma fanno fatica, ad esempio, a trovare il registro giusto quando parlano con un docente, oppure quando devono scrivere la tesi: è come se ci fosse una maggiore necessità di essere stringati anche nella vita reale”.
La prima a difendere a spada tratta, questa evoluzione del linguaggio, per molti vista come una involuzione, è Nicoletta Maraschio, primo presidente donna dell’Accademia della Crusca dal 1582, dove in un’intervista a “Donna moderna” afferma che gli sms «hanno moltiplicato le occasioni per scrivere». Tesi condivisa anche da Vera Gheno, collaboratrice dell’Accademia e docente al Laboratorio di italiano scritto dell’università di Firenze: «Si tratta di una ricchezza del linguaggio, non come dicono alcuni di una sua distruzione; una ricchezza che può aiutare a capire delle tendenze che, si generalizzano nella lingua in un futuro prossimo».
E sulla stessa scia dell’Accademia della Crusca, si trovano gli esperti, guidati dalla linguistica Sali Tagliamonte dell’università di Toronto, in Canada, i quali sostengono che ogni forma di comunicazione fa bene. Interpellando il linguista Giovanni Adamo, questi ha spiegato che «non si tratta di una minaccia alle strutture portanti della lingua perché già quando si incidevano segni sulla pietra, o si scriveva sulle preziose pergamene di pelle c’era l’esigenza della brevità, e questa tendenza a ridurre non ha mai intralciato profondamente il linguaggio».
Anche secondo una ricerca condotta in Germania, gli studiosi affermano che il linguaggio utilizzato in questo nuovo mondo della comunicazione interpersonale è un linguaggio sintetico ma tutt’altro che povero di espressività. La scrittura è molto simile al parlato e la necessità di essere brevi porta a ridurre, contrarre il testo, ad accorciare le parole. Nascono così tecniche gergali fantasiose o spiritose. Gli Sms si sono affermati in maniera imponente non solo come modalità di comunicazione ma anche come fenomeno culturale che ha coinvolto l’universo giovanile.
Addirittura sembra che lo scambio di messaggi porti con sé la volontà di sfoggiare le proprie conoscenze davanti al proprio interlocutore.
Detto ciò non si può far altro che abbracciare il nuovo codice linguistico, evitare di rimproverare i propri figli per l’uso di questo nuovo linguaggio decodificato e, anzi, apprenderne le regole per poterlo gestire, comprendere e utilizzare nelle circostanze che lo richiedano. Come si potrebbe dire? “X parl cn tt dob imp qst lng. Ki nn lo usa è out” che tradotto in italiano “potabile” “Per parlare con tutti dobbiamo imparare questo linguaggio. Chi non lo usa è fuori" (dal mondo della comunicazione).
E allora perché no! Accanto all’italiano base, un giorno a scuola si potrebbe apprendere l'italiano 2.0!